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Profitto, no grazie!

Era una conversazione sui temi della comunicazione di impresa, siamo finiti a discorrere di mission e obiettivi del fare impresa: “l’unico obiettivo che abbiamo, che guida la nostra attività economica è quello della creazione del profitto!”. Ho avuto un sussulto, non mi aspettavo questa perentoria affermazione da parte del CEO di una grande azienda italiana multinazionale. Il tempo e gli eventi forse passano per nulla? Non dobbiamo aspettare che siano le nuove generazioni millennial a modificare la nostra scala dei valori.

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Profitto, no grazie!
25 Novembre 2015

Ciò che era scontato negli anni ’80 e ’90 deve essere oggetto di una profonda revisione critica oggi, alle soglie del nuovo millennio ma soprattutto alla luce delle cause della profonda crisi che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo in tutto il mondo.

Siamo stati cresciuti e formati nella fede del potere taumaturgico del “profitto”, posto per tanti, troppi anni al centro dell’attività economica come unico elemento che avrebbe garantito una equa distribuzione della ricchezza, uno sviluppo e una crescita equilibrata grazie alle onniveggenti e onnipotenti regole del mercato.
Ma solo pochi non possono non vedere gli effetti drammatici del fallimento della centralità del profitto. Le disuguaglianze si sono accentuate all’interno del mondo occidentale, e soprattutto tra nord e sud del mondo. Oggi 3 miliardi di persone vivono sotto la linea di povertà, ben 1,3 miliardi sono sotto il limite della disperazione. Per scarsità di risorse muoiono ogni giorno 23 mila persone – di cui il 75% bambini. L’80% della ricchezza mondiale è nelle mani del 20% della popolazione.

Non dobbiamo aspettare che siano le nuove generazioni Millennial a modificare la nostra scala dei valori, è necessario anticipare i tempi per creare modelli di impresa che siano in grado di superare le difficoltà e di imporsi sul mercato con una forte propensione alla sostenibilità nel lungo periodo in tutti i campi. Superate le ideologie, bisogna lasciare spazio a valori universali che riportino al centro del fare impresa un rinnovato e genuino approccio antropologico, mettendo al centro l’Uomo.

Onestà, integrità, genuinità e trasparenza sono i valori di cui è riconosciuta universalmente l’importanza; facciamo in modo che il periodo di crisi sia un periodo di fertile revisione dei modelli di comportamento che tanti limiti hanno mostrato negli ultimi quindici anni; riportiamo il benessere comune e la solidarietà al centro spodestando la dittatura del consumismo e del profitto.

La causa primaria della crisi è da ricercare nel degrado della motivazione morale dell’attività economica; che deve essere quella di costruire una società armonica, di giustizia e dove l’individuo, la persona, possa realizzare il proprio potenziale professionale e spirituale, qualunque sia la sua posizione sociale o politica.

Quale allora l’obiettivo da proporsi per il prossimo futuro? L’unica interpretazione mi sembra possa essere di agire, anche in campo imprenditoriale, per la costruzione di un percorso di progresso della Comunità di riferimento. Dove per "progresso" si intende la crescita non solo economica ma anche spirituale e culturale delle persone, e per “comunità” si intendono tutti coloro che sono in qualche termine portatori di interesse nei confronti dell’azienda, quindi dipendenti, cittadini del territorio, clienti, etc.

Ecco una importante occasione per la Comunicazione di Impresa per ridefinire la rilevanza dei valori e ridisegnare il percorso e gli obiettivi della Comunità aziendale, per costruire un “Brand of purpose”. Una occasione in cui si può fortemente incidere non solo sulla forma del “messaggio” ma anche sul suo contenuto.

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