Cos’è il tone of voice? E cosa lo unisce all’albero di navigazione?
No, non voglio aggiungere anche la mia voce a un argomento già iper-trattato sul web. In fondo, per rispondere alla prima domanda basta digitare due termini su Google per trovare centinaia di risultati. Dopodiché anche il più esigente dei lettori riuscirà a scovare la descrizione che più lo aggrada per dare forma a un elemento tanto impalpabile quanto importante, almeno nel campo della comunicazione.
Ecco perché preferisco invece esplorare le relazioni che il tone of voice presenta con gli altri elementi di una content strategy più generale: per esempio, anche se a prima vista potrebbe sembrare strano, con l’albero di navigazione del sito corporate.
Il tono di voce non è quello che diciamo, ma come lo diciamo: ovvio no?
Si può partire benissimo da una definizione di questo tipo, un’enunciazione tanto semplice quanto naturale, per avviare un discorso che ben presto inizia a farsi più complicato. Soprattutto in virtù della sua rilevanza.
Infatti, chi si occupa di comunicazione sa bene che il tema è di quelli decisivi, perché intimamente collegato a fattori importanti della reputazione di un’azienda: ne esprime la personalità, la distingue dalla concorrenza, concorre a rafforzarne la credibilità, l’affidabilità e la coerenza dei messaggi.
Tutto vero a patto che il tono sia fedele all’immagine che il lettore ha di quell’azienda: cosa pensereste se, dalle pagine del suo sito, la Coca-Cola si rivolgesse al mondo con il medesimo stile formale che il Governo tedesco utilizza nelle sue comunicazioni ufficiali? Non sarebbe un po’ come vedere Cameron Diaz nelle vesti di Angela Merkel?
Il tone of voice può essere l’elemento fondante di una content strategy?
Certo che può. Anzi, sarebbe opportuno fosse così.
Partendo dall’osservatorio privilegiato di Message, posso tranquillamente affermare che partire dal tone of voice per elaborare una strategia dei contenuti complessiva sia un metodo auspicabile, essendo questo l’unico elemento in grado di garantire la coerenza d’insieme.
Tutto questo è ancora più lampante nell’ambito della comunicazione scritta (e quindi sul web), proprio perché lì viene a mancare l’elemento che, nella vita off-line, più lo caratterizza: la voce e le sue infinite modulazioni.
Tuttavia basta osservare pochi siti istituzionali - anche di realtà globali - per scoprire che, contrariamente a a quanto ci si potrebbe aspettare, le aziende osano esprimersi con una varietà di toni a dir poco eccezionale, come se a parlare non fosse una, ma cento aziende diverse.
Soffrono tutte di schizofrenia? Forse, o più semplicemente il numero di toni osservabile equivale al numero di funzioni aziendali: ciascuna tende a parlare con il tone of voice che pensa sia più opportuno per sé, senza pensare all’immagine aziendale complessiva. Così si ha un’azienda per gli investitori, una per i giornalisti, una per i clienti…
Condividere un tono di voce aziendale, e quindi…
Ecco perché sarebbe forse opportuno fondare la propria strategia sul tone of voice. Già, ma da cosa cominciare?
Per rispondere, racconterò un caso di alcuni anni fa. Stavamo aiutando un grande gruppo industriale a riprogettare la propria presenza online, partendo dal sito corporate. Come farebbero tutti, cominciammo a raccogliere informazioni sul loro conto. Sui loro stessi canali ci imbattemmo in un incredibile coacervo di definizioni che, quel Gruppo, dava di sé. Una volta era un “Leader globale”, un’altra volta un “Gruppo operante in Italia”, “altre volte ancora era “tra i principali attori a livello europeo”. La confusione regnava sovrana anche quando si passava alla descrizione del campo di attività.
Cosa era successo? Niente di più facile che fosse venuto a mancare un processo di condivisione interno su come quel Gruppo volesse definire sé stesso.
Il che ci porta a rispondere alla domanda di inizio paragrafo: è necessario cominciare dalla condivisione. Nel nostro caso, dalla condivisione di un tono di voce e degli elementi che concorrono a trasmetterlo.
È possibile scegliere il tono di voce?
A ciascuno il suo: il tono di voce non viene propriamente “scelto”, ma è intrinsecamente legato alla natura di chi parla o scrive. E quindi no, il tono non si sceglie. Le persone lo acquisiscono in modo naturale. Le aziende, invece, lo “trovano”.
Come?
Sottoponendosi a un percorso introspettivo volto a farsi alcune domande e trovare, finalmente, precise risposte: per esempio chi sono e come vorrebbero essere. Interrogandosi sui propri valori e principi etici. Ripercorrendo la propria storia. Il tutto, intervistando le proprie persone su questi temi, e poi analizzando alcuni documenti fondativi aziendali.
Questo processo porterà l’azienda a identificare alcune caratteristiche chiave, peculiari, del proprio modo di essere. A individuare quali sono i temi e i termini ricorrenti del proprio pensiero. A capire come l’azienda si pone nei confronti degli altri. Eccolo, il tone of voice. Il passaggio successivo è quello di dargli un nome, di solito un insieme di aggettivi, volti ad evocarne gli attributi.
È finita qua?
No, vi sono tutta una serie di elementi profondamente correlati al tono di voce, perché concorrono a trasmetterlo pur essendone in parte determinati.
Per esempio, un certo vocabolario, il modo di costruire le frasi, la persona dei verbi, le immagini e i colori, gli argomenti trattati, sono tutti fattori che, evocandone gli attributi, comunicano il tono di voce aziendale.
Le definizioni e il vocabolario
Pensare alle definizioni è un’operazione di grande importanza perché consente di mettere a punto una serie di espressioni utilissime nella redazione dei testi. Delle definizioni dell’azienda si è già detto, ma identica operazione può essere svolta a proposito del proprio settore di attività, delle tecnologie e dei prodotti, o per alcune dichiarazioni sugli obiettivi dell’azienda in termini di innovazione, etica, responsabilità.
Analogamente, scegliere il vocabolario significa individuare e mettere a disposizione dei contributori un set esteso di termini chiave da utilizzare negli argomenti tipici. Dai tecnicismi ai termini di business, l’utilizzo di un vocabolario comune presenta indubbi vantaggi anche in termini di SEO. Inoltre, è un’operazione che spesso viene svolta nell’analisi propedeutica alla definizione del tone of voice.
Il soggetto, l’oggetto e il modo dei verbi: l’importanza della coerenza
È l’azienda o sono le persone di quell’azienda a parlare? Usare il noi, o preferire uno stile più impersonale, attribuendo al “Gruppo” X tutte le azioni e i pensieri? Ovvio che una o l’altra scelta deriva e allo stesso tempo determina il tono di voce aziendale. Ribaltando il discorso, il risultato non cambia. A chi rivolgersi? Bisogna dare del tu o usare l’impersonale? Anche in questo caso non esiste una risposta univoca, dipende dallo stile che si vuole tenere. L’imperativo si sposa molto bene all’uso del tu. “Clicca qui” presuppone il “tu”, “Cliccare qui” implica che in tutto il sito si è impersonali, quindi probabilmente, per tornare all’opzione precedente, l’azienda avrà scelto di non usare il “noi” per parlare di sé.
Il visual: design, immagini, trattamento
Chi ha detto che il tono è solo questione di testo? Niente di più sbagliato. Il design e le immagini, quanto a forza espressiva, sono strumenti nettamente più potenti del testo, capaci di parlare direttamente all’anima, trasmettendo emozioni e significati. Anche il trattamento stesso delle immagini contribuisce alla trasmissione dello stile aziendale.
E l’albero del sito corporate?
Restringendo invece il campo al sito corporate, si può affermare che, se il tono è un po’ lo stile del nostro libro, l’albero ne è l’indice. E comunicando al lettore gli argomenti trattati dal sito, interviene, al pari di altri elementi, nella creazione del tone of voice. Ma non solo: anche tramite i termini scelti per indicare le voci, si comunica qualcosa, persino attraverso l’ordine delle sezioni si può forse indicare cosa l’azienda preferisce offrire prima al lettore.
Sperando di aver convinto anche i più scettici che persino un elemento apparentemente neutro come un albero di navigazione possa influenzare, insieme ad altri, la percezione che il pubblico ha di un’azienda, concludo osservando che, troppo spesso, proprio l’albero di navigazione del sito diventa terreno di gelosie interne all’azienda.
Ma questa è un’altra storia…