Scrivania, computer e pausa caffè non saranno più gli incrollabili punti di riferimento a cui eravamo abituati, probabilmente non lo sono già più per molti di noi. Lavorare assume sempre più una connotazione fluida, dai contorni spazio-temporali difficilmente definibili. Una transizione importante che sta ridisegnando la scansione della nostra quotidianità, tanto auspicata dalle nuove generazioni ma pur tuttavia tardiva nella sua maturazione…. fino all’arrivo dell’acceleratore pandemico.
Lavorare ai tempi del Corona Virus ha comportato alcune importanti implicazioni sul nostro vissuto quotidiano e sul contesto lavorativo in generale, disegnando nuove traiettorie di sviluppo:
Un lavoro sempre più ibrido
Hybrid Working è la parola d’ordine per il futuro del workplace. Una modalità di lavoro che, stando ai numeri, permette alle persone di riappropriarsi dei propri equilibri senza alienazioni.
Questa la modalità di lavoro preferita dagli italiani che, stando al Future of Work Italia 2021 di LinkedIn, l’hanno definito la miglior modalità di lavoro nel 47% dei casi.
Negli ultimi 2 anni secondo dati del Politecnico di Milano, le persone che hanno lavorato a distanza nel 2020 durante la fase acuta della pandemia sono state 6,58 milioni, un terzo circa dei lavoratori dipendenti italiani e oltre dieci volte più dei 570 mila censiti nel 2019, coinvolgendo il 97% delle grandi imprese, il 94% delle pubbliche amministrazioni italiane e il 58% delle Pmi.
Ad oggi la percentuale dei lavoratori da remoto si attesta ora su livelli decisamente superiori rispetto alla situazione precedente la pandemia, vicini al 30% dei dipendenti e grandi organizzazioni quali Poste, Unicredit, Bnl, Vodafone, prevedono che almeno il 60% del personale continuerà a lavorare da remoto.
Il lavoro ibrido va naturalmente coadiuvato da validi strumenti come intranet aziendali che favoriscano l’organizzazione delle attività e la condivisione di conoscenza.
Re-skilling e up-skilling
Il World Economic Forum aveva già previsto che il progressivo utilizzo di intelligenza artificiale e automazione avrebbero portato alla creazione di 97 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2025 e all’interruzione di 85 milioni di lavori. Questo trend ha come inevitabile conseguenza la necessità di riqualificazione di buona parte della forza lavoro a fronte di nuove competenze richieste dal mercato. Molti lavoratori già oggi si trovano a ricoprire ruoli inediti con esigenze crescenti di formazione.
Upskilling e reskilling (miglioramento delle competenze e riqualifica delle competenze) sono una priorità assoluta per il 59% dei professionisti L&D nel 2021 secondo una ricerca LinkedIn Learning, con leadership, gestione e onboarding virtuale che costituiscono i primi tre.
La pandemia ha seriamente interrotto il processo di acquisizione di competenze e la riqualificazione dei lavoratori in tutti i tipi di imprese e organizzazioni in tutto il mondo, con un profondo impatto come evidenziato da un sondaggio condotto dall’ILO.
Resilienza: il vero success factor
Ridondanza di competenze, cross-skilling e benessere sono diventati 3 prerequisiti fondamentali di sopravvivenza per le organizzazioni.
La verticalizzazione delle competenze e la rigidità dei ruoli hanno creato non poche fragilità nei sistemi produttivi in un momento di crisi come quello pandemico, laddove flessibilità e resilienza avrebbero potuto essere chiave di successo.
Il benessere mentale e fisico delle proprie persone e la loro capacità di far fronte ad un momento di forte cambiamento con un set di competenze versatile è diventata la variabile discriminante per la sopravvivenza e il successo delle imprese.
Dai ruoli alle competenze
Le competenze sono il vero valore aggiunto delle organizzazioni in un’epoca di knowledge economy perché consentono di superare le sfide principali del business. Se i ruoli descrivono il modo in cui i singoli si relazionano ad una struttura organizzativa o gerarchica, le competenze consentono di risolvere i problemi e raccogliere le sfide, diventando la chiave per guidare l'innovazione e il successo in un’era di esponenziale complessità.
Non è un caso che molte realtà aziendali siano passate a strutture organizzative più "piatte" rispetto a team strettamente gerarchici con un approccio alla comunicazione e alla risoluzione dei problemi a riporto diretto.
Dal punto di vista del lavoratore, concentrarsi sullo sviluppo delle proprie competenze consente di capitalizzare meglio la propria esperienza, aprendo nuove opportunità di carriera. Questo spostamento dell'attenzione dai ruoli alle competenze sarà probabilmente una tendenza chiave sia per le organizzazioni che per i lavoratori nel 2022.
Monitoraggio e misurazione
Il monitoraggio di produttività ed efficienza è dunque diventato il nodo centrale nella gestione delle attività di remoto, un indicatore quantitativo imprescindibile per realtà lavorative diffuse con uno scopo più predittivo che di controllo. Analizzare il comportamento della forza lavoro consente di rimodulare l’organizzazione del lavoro stesso in maniera più efficiente alla luce di nuove abitudini e modalità lavorative.