“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi...”
Inizia così il celebre monologo di Blade Runner, storico film di Ridley Scott del 1982, ispirato al romanzo Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick. Ci troviamo sulla terrazza di un edificio in una Los Angeles futuristica, tra grattacieli imponenti e luci al neon. In questo scenario distopico e decadente avviene il confronto finale tra il replicante (intelligenza artificiale) Roy Batty e Rick Deckard poliziotto cacciatore di androidi. É proprio il replicante a dare voce all’iconico monologo in un atteggiamento malinconico, definitivo.
In questa citazione c’è tutta la superiorità della macchina che può raggiungere obiettivi impensabili per la mente umana, eppure c’è di più: sotto una pioggia battente, che rende il momento ancora più drammatico, il replicante continua amareggiato, consapevole che è giunta la sua ora “..e tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.”
Assistiamo come spettatori a un’ importante evoluzione tecnologica del personaggio. Il suo amore per la vita che si sta concludendo, la sua emozione ci portano di fronte alla nascita della Super Intelligenza Artificiale, ossia di una macchina in grado di superare l’uomo nelle capacità tecniche ma che, come gli uomini, è anche capace di provare emozioni.
Viviamo quotidianamente il dibattito sul confronto tra intelligenza artificiale ed esseri umani. L’evoluzione in questo campo è dirompente e la sensazione generale è quella di vivere una nuova e febbrile “corsa all’oro”.
Questa tecnologia sta abilitando grandi opportunità e lo sta facendo per tutti a costi relativamente bassi.
Ne deriva un’ accelerazione nello sviluppo di nuovi prodotti e servizi e della loro comunicazione. In quest’ultimo campo l’empatia, ossia la capacità di riconoscere, comprendere e condividere le emozioni è una competenza fondamentale che guida il processo di creatività.
Nonostante l'incredibile evoluzione a cui assistiamo oggi non siamo nello stesso scenario di Blade Runner. L’intelligenza artificiale è uno strumento potente, rapido e sorprendente, ma non prova emozioni: non sente il brivido della paura, la dolcezza della nostalgia o l’entusiasmo della scoperta. È proprio questa assenza emotiva che ci ricorda quanto sia fondamentale mantenere centrale l’empatia umana.
Nella comunicazione, infatti, la capacità di creare una connessione profonda con il pubblico è una qualità irrinunciabile. Non si tratta soltanto di trovare le parole giuste, ma di comprendere le sfumature delle emozioni e anticipare bisogni e aspettative. L’AI è certamente un formidabile alleato nella gestione e nella creazione di contenuti, nella personalizzazione dei messaggi e nell’analisi dettagliata delle preferenze del pubblico. Tuttavia, quando si tratta di catturare la complessità del sentire umano, di interpretare desideri non espliciti o di suscitare emozioni autentiche, la tecnologia mostra i propri limiti.
Questa consapevolezza è fondamentale e non deve generare diffidenza o timore nei confronti dell’AI. Al contrario, ci spinge a riflettere su come sfruttarla al meglio, integrandola in modo intelligente e consapevole nei nostri processi comunicativi e decisionali.
Human Close to the Value
Oggi assistiamo a una crescente polarizzazione tra due modelli di integrazione dell’intelligenza artificiale (AI). Da un lato, l'approccio definito "Human in the Loop", più conservativo, che impiega l’AI principalmente per ottimizzare attività ripetitive mantenendo tuttavia un rigoroso controllo umano, così da garantire qualità, competenza e affidabilità. Dall’altro lato troviamo l’approccio "No Human in the Loop", orientato verso l'autonomia totale della tecnologia con l’obiettivo di incrementare significativamente l’efficienza, ridurre i costi e favorire una scalabilità maggiore ma con il rischio di compromettere qualità e controllo. Riteniamo che l’integrazione più efficace dell’AI debba superare questa dicotomia attraverso una terza via, definibile come "Human Close to the Value".
Per ottimizzare il rapporto tra efficienza produttiva e qualità, è essenziale una strategia ibrida in cui i due modelli possano coesistere. Alcune attività possono essere interamente automatizzate, mentre altre devono necessariamente mantenere un controllo umano diretto, in base alla criticità e al loro valore strategico. Nell'ambito della comunicazione, infatti, esistono valori su cui non possiamo scendere a compromessi, come la coerenza del messaggio, l’efficacia comunicativa e la gestione accurata della brand identity.
Un rapporto basato sulla fiducia
Oggi la comunicazione corporate si fonda sulla costruzione di relazioni autentiche e trasparenti tra brand e stakeholder, basate su fiducia reciproca, affidabilità delle informazioni e personalizzazione dei messaggi e dei canali utilizzati. Per soddisfare le aspettative del pubblico è fondamentale utilizzare strumenti che velocizzino l'accesso diretto alle informazioni, evidenziando con chiarezza le fonti utilizzate. Allo stesso tempo, è cruciale evitare di simulare la presenza di intermediari inesistenti tra brand e utente, poiché ciò comprometterebbe l'autenticità della relazione e la fiducia nel dialogo.
Corporate Agents
Gli algoritmi generativi offrono l’opportunità concreta di creare agenti conversazionali in grado di instaurare un vero e proprio dialogo con gli stakeholder. Riteniamo che il Corporate Agent possa soddisfare le esigenze informative degli utenti senza compromettere la fiducia costruita. Per essere realmente efficace, un Corporate Agent deve integrare un patrimonio di informazioni accurato e rigorosamente controllato dal brand per assicurare qualità e coerenza nelle risposte. Un Corporate Agent è uno strumento che agevola il dialogo, evitando di essere il “replicante” di una persona reale. La fiducia si costruisce con trasparenza, non attraverso antropomorfizzazioni o simulazioni di empatia. Per questo motivo, suggeriamo di evitare nomi propri o comportamenti artificialmente empatici. Inoltre, il Corporate Agent deve offrire sempre una chiara indicazione delle fonti delle informazioni fornite: questo consente di instaurare un dialogo trasparente, eliminando by-design problematiche legate a eventuali allucinazioni, una caratteristica intrinseca degli algoritmi generativi.
Un elemento centrale del Corporate Agent è la sua capacità di gestire conversazioni multimodali, scegliendo il formato più adatto in base alle esigenze dell’utente. Il risultato finale dell’interazione diventa una pagina web personalizzata e formattata ad hoc per ogni risposta utilizzando una ampia libreria di componenti web. L’utilizzo del Corporate Agent migliora notevolmente l’usabilità e al contempo permette ai brand di entrare in contatto diretto con le esigenze espresse dai propri utenti. L’analisi qualitativa di queste interazioni consente infatti di comprendere con efficacia senza precedenti le necessità reali del proprio target, guidando strategie comunicative data-driven e personalizzate. Stiamo vivendo un cambiamento di paradigma: il brand parla direttamente con i propri stakeholder. Seppur sia difficile prevedere esattamente ciò che accadrà nel prossimo futuro, è stimolante immaginare che da queste interazioni possano nascere relazioni più profonde, una fiducia reciproca rafforzata e opportunità inesplorate di crescita. In questo scenario, il dialogo diventa il motore che guiderà l'evoluzione dei brand, aiutandoli a interpretare le esigenze del pubblico e valorizzare al meglio le proprie caratteristiche distintive.