Dopo mesi di attesa, la Commissione Europea ha ufficialmente presentato i primi due Pacchetti di semplificazione Omnibus, uno dei quali dedicato alla sostenibilità. Questo pacchetto è stato introdotto con l'obiettivo di semplificare il quadro normativo dell'UE in materia di sostenibilità, riducendo gli oneri amministrativi per le imprese. Le proposte legislative contenute nel Pacchetto Omnibus apporterebbero modifiche significative a quattro normative chiave:
- Direttiva sulla Rendicontazione di Sostenibilità (CSRD)
- Direttiva sulla Due Diligence di Sostenibilità (CSDDD)
- Regolamento sulla Tassonomia Europea
- Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM)
Secondo la Commissione Europea, queste misure permetteranno alle aziende di risparmiare circa 6,3 miliardi di euro all’anno in costi amministrativi, oltre a liberare 50 miliardi di euro in nuovi investimenti pubblici e privati per la transizione sostenibile.
L'obiettivo della Commissione è dunque quello di semplificare le norme, riducendo gli oneri amministrativi di almeno il 25% e quelli per le PMI di almeno il 35% entro la fine del mandato.
Semplificazione della rendicontazione di sostenibilità (CSRD)
Uno degli interventi più significativi riguarda la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD). Le proposte della Commissione prevedono:
- Esclusione dell’80% delle imprese attualmente soggette alla CSRD, limitando l’obbligo di rendicontazione alle aziende con più di 1.000 dipendenti, oltre 50 milioni di euro di fatturato o 25 milioni di patrimonio netto.
- Posticipo di due anni dell’entrata in vigore per le aziende di seconda e terza fascia (grandi aziende non quotate e PMI quotate) che dovranno iniziare a rendicontare rispettivamente nel 2028 e 2029 anziché nel 2026 e 2027.
- Revisione degli standard di rendicontazione di sostenibilità ESRS, riducendo il volume dei dati richiesti e migliorando la chiarezza.
- Eliminazione della Reasonable assurance: l’opzione di Limited assurance sarà l’unica ad essere applicata.
- Eliminazione degli standard settoriali specifici, semplificando la reportistica e riducendo il numero di dati obbligatori da fornire.
- Introduzione di uno standard volontario semplificato per imprese non soggette alla CSRD, basato sul VSME Standard elaborato dall’EFRAG.
- Revisione del reporting sulla catena del valore: le imprese soggette alla CSRD non potranno richiedere ai fornitori dati aggiuntivi oltre a quelli previsti dagli standard volontari VSME.
Due diligence di sostenibilità (CSDDD): maggiore flessibilità per le imprese
La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) ha subito anch’essa modifiche rilevanti per alleggerire il peso della regolamentazione sulle imprese. Le principali novità comprendono:
- Concentrazione degli obblighi di due diligence sui fornitori diretti, anziché su tutta la catena del valore.
- Riduzione della frequenza dei controlli obbligatori, passando da verifiche annuali a una revisione quinquennale, con controlli ad hoc previsti solo in caso di necessità.
- Esclusione delle PMI dagli obblighi diretti, evitando un eccessivo impatto su aziende di dimensioni ridotte e semplificando le informazioni richieste dalle grandi imprese ai fornitori più piccoli.
- Eliminazione delle condizioni di responsabilità civile a livello UE, lasciando ai singoli Stati membri la regolamentazione delle eventuali sanzioni per le imprese non conformi.
- Posticipo dell’entrata in vigore per le grandi aziende al 2028, concedendo un anno in più per l’adeguamento normativo.
- Anticipazione delle linee guida della Commissione al 2026, per garantire maggiore chiarezza sui requisiti da adottare.
Tassonomia UE e CBAM: meno vincoli e più flessibilità
Per quanto riguarda il Regolamento sulla Tassonomia, è stato previsto un atto delegato che modifica gli attuali atti delegati, con un periodo di consultazione pubblica di quattro settimane. L'adozione da parte della Commissione è prevista per il secondo trimestre del 2025. Questa revisione mira ad allineare il regolamento al nuovo corpus di semplificazioni, rendendolo più accessibile e meno oneroso per le imprese. Le principali novità includono:
- Solo le imprese con più di 1.000 dipendenti (corrispondenti all’ambito della CSDDD) saranno obbligate a rendicontare in base alla Tassonomia, mentre le altre grandi aziende che rientrano nel futuro ambito della CSRD (più di 1.000 dipendenti, con fatturato fino a 450 milioni di euro) potranno farlo su base volontaria.
- Introdurre un criterio di rilevanza finanziaria per la rendicontazione relativa alla tassonomia (possibilità di omettere la rendicontazione di quelle attività che rappresentano meno del 10% del fatturato CapEx e OpEx) e semplificare i modelli di reporting, riducendoli di circa il 70%.
- Possibilità di rendicontare attività “parzialmente allineate” alla Tassonomia UE, permettendo alle aziende di mostrare progressi graduali nel loro percorso di sostenibilità e promuovere la finanza sostenibile.
- Semplificare i criteri del principio “Do Not Significant Harm” (DNSH), in particolare quelli relativi alla prevenzione e al controllo dell’inquinamento correlati all’uso e alla presenza di sostanze chimiche che si applicano orizzontalmente a tutti i settori economici nell’ambito della tassonomia dell’UE.
- Modificare il principale indicatore chiave di performance basato sulla tassonomia per le banche, il Green Asset Ratio (GAR).
- Esclusione del 90% (circa 182.000 aziende importatrici) dagli obblighi previsti dal CBAM, introducendo una soglia cumulativa annua di 50 tonnellate.
Cosa succede da qui in avanti?
E’ necessario sottolineare che il pacchetto Omnibus contiene al momento una serie di proposte, che dovranno affrontare un iter legislativo articolato prima di tradursi in misure definitive.
In particolare, per quanto riguarda la normativa di rendicontazione di sostenibilità CSRD, la Commissione europea ha avanzato 2 proposte principali:
- La prima proposta c.d. “Stop the clock” prevede il posticipo di 2 anni dell’applicazione della CSRD per le imprese appartenenti alla seconda e terza fascia. L’obiettivo della Commissione è che gli Stati membri adottino questa proroga entro la fine del 2025, attraverso una procedura d’urgenza. Se questa proposta venisse approvata entro i tempi indicati, le imprese di seconda e terza fascia avrebbero entro il 2025 la certezza di poter posticipare di due anni l’obbligo di compliance rispetto alla CSRD.
- La seconda proposta, di portata più ampia, introduce una revisione sostanziale della CSRD, con modifiche significative agli attuali obblighi di rendicontazione (vd. par.“Semplificazione della rendicontazione di sostenibilità (CSRD)). In questo caso l’iter legislativo si prevede sarà più lungo e non sono note le tempistiche di eventuale approvazione definitiva. Le esperienze passate dimostrano che iter simili hanno richiesto dai 21 ai 26 mesi, con ulteriori ritardi possibili dovuti alle divergenze di vedute politiche tra gli Stati membri e nel Parlamento stesso. Non si può nemmeno escludere che la proposta possa persino essere ritirata in caso di mancato consenso; episodi simili si sono già verificati, come nel caso della proposta di direttiva sulla responsabilità per i danni causati dall’intelligenza artificiale, presentata nel 2022 e recentemente ritirata a causa dell’assenza di un accordo prevedibile.
Fino ad approvazione di queste due proposte, le normative esistenti e i relativi obblighi di rendicontazione rimarranno in vigore e continueranno a essere applicate dalle autorità nazionali.
Quali conclusioni preliminari possiamo trarre?
Alla luce di questa proposta l’incertezza per le imprese diventa elevata. Quali considerazioni preliminari possiamo fare a riguardo?
- Innanzitutto sarà necessario per le imprese monitorare attentamente l’evoluzione normativa per poter prendere quanto prima le decisioni più opportune.
- Sostenibilità non equivale a compliance. Il venir meno di alcuni obblighi non significa dover rinunciare ai propri valori e al proprio impegno pregresso in materia di sostenibilità.
- Sostenibilità non equivale a rendicontazione. Numerosi temi di sostenibilità restano prioritari se non in crescita, dalla decarbonizzazione alla biodiversità, dal risk management ESG alla doppia materialità, fino al benessere delle persone all’interno dell’azienda.
- La spinta della sostenibilità non si esaurisce. Numerosi obiettivi nazionali e internazionali in materia di sostenibilità rimangono in vigore (e.g. carbon neutrality al 2050), le grandi imprese continueranno a sollecitare gli sforzi delle PMI in materia di sostenibilità e a livello internazionale (es. Cina) vengono approvate nuove direttive sulla rendicontazione di sostenibilità.
- Sostenibilità non è in contrasto con competitività. Il dibattito generato da Omnibus rischia di generare questo equivoco, ma esistono centinaia di case studies che attestano il fatto che la sostenibilità abbia rappresentato per le imprese un reale driver di crescita.
- Valutare lo standard VSME come standard di riferimento per le PMI, per poter sviluppare una rendicontazione di sostenibilità maggiormente proporzionata rispetto alla proprie dimensioni.