Il greenwashing nei siti web
Nel gennaio 2021 è stato pubblicato dalla Commissione Europea il risultato di uno screening dei siti web di aziende che dichiaravano di vendere prodotti “environmentally friendly”, realizzato con l’obiettivo di ricercare possibili violazioni ai diritti dei consumatori nei mercati online. In particolare, lo studio si è concentrato sull’analisi dei fenomeni di “greenwashing”. I risultati restituiscono un quadro allarmante: nel 42% dei casi le dichiarazioni erano esagerate, false o ingannevoli, tanto da poter potenzialmente rientrare nelle pratiche di commercio sleale.
Questo fenomeno è aumentato proporzionalmente alla volontà sempre crescente dei consumatori di acquistare prodotti ritenuti sostenibili e rispettosi dell’ambiente. Il trend è stato recepito da alcune aziende che si stanno impegnando in modo concreto a ridurre i propri impatti e quelli dei propri prodotti, altre invece cavalcano l’entusiasmo green provando a mascherare le proprie performance con dichiarazioni vaghe e, a volte, ingannevoli.
Le tipologie di etichette ambientali
Per evitare di cadere, consapevolmente o meno, nella trappola del greenwashing, un’efficace soluzione è quella di affiancare ai propri claim delle etichette ambientali solide e scientificamente basate.
Le etichette ambientali possono essere obbligatorie, come le etichette energetiche degli elettrodomestici, o su base volontaria (è l’impresa a decidere se optare o meno per l’ottenimento della stessa). Le etichette ambientali volontarie sono istituite dalla norma ISO 14020 e possono essere classificate in 3 tipologie:
- Etichette ambientali Tipo I – Le etichette di Tipo I sono basate su un sistema multicriteria che considera l’intero ciclo di vita del prodotto e richiedono la certificazione esterna da parte di un organismo indipendente. Tra queste rientra, ad esempio, il marchio europeo di qualità ecologica Ecolabel.
- Autodichiarazioni ambientali Tipo II – Etichette ecologiche che riportano auto-dichiarazioni ambientali non certificate da enti terzi, rispondenti alla norma 14021. Le autodichiarazioni ambientali prevedono il rispetto di determinati requisiti sui contenuti e sulla modalità di diffusione che l’azienda comunica. È necessario infatti che tali informazioni ambientali siano non ingannevoli, verificabili, specifiche, chiare e non soggette a errori di interpretazione. Includono tutte le dichiarazioni, etichette, simboli di valenza ambientale presenti sui prodotti, sugli imballaggi o nella pubblicità. Alcuni esempi sono i marchi «Riciclabile» e «Compostabile» riportati sui prodotti.
- Dichiarazioni Ambientali di Prodotto Tipo III - La Dichiarazione Ambientale di Prodotto (DAP o EPD) o etichetta ambientale di tipo III, individuata dalla ISO 14020 e definita dalla ISO 14025, è uno degli strumenti più efficaci per la comunicazione e la diffusione di informazioni ambientali certificate riguardo alla sostenibilità dei prodotti. Si tratta di etichette ecologiche che riportano dichiarazioni basate su parametri stabiliti e che contengono una quantificazione degli impatti ambientali del prodotto calcolati attraverso l’analisi del ciclo di vita (LCA) condotta secondo regole e requisiti definiti nelle PCR (Product Category Rules). Sono sottoposte a un controllo indipendente e presentate in forma chiara e confrontabile.
Dichiarazioni ambientali e greenwashing
È opinione diffusa tra gli esperti del settore che una dichiarazione ambientale non supportata da uno studio LCA sia a forte rischio greenwashing. In aggiunta, alcune autorità nazionali hanno preso posizioni forti in questo senso e, recentemente, l’Antitrust danese ha stabilito che senza Life Cycle Assessment non si possono spendere claim di sostenibilità. Per fare chiarezza ha inoltre pubblicato una breve guida sulle dichiarazioni ambientali.
Applicare etichette con solidi fondamenti scientifici, riconosciute e certificate da enti terzi garantirebbe un mercato più equo, eliminando la concorrenza sleale generata dai green claim falsi o comunque imprecisi, e darebbe la possibilità ai consumatori di scegliere con consapevolezza i prodotti per quella che è davvero la loro impronta ambientale. Inoltre, se venisse utilizzato un sistema coerente ed unificato si consentirebbe al consumatore di effettuare scelte comparative senza problemi di interpretabilità o confusione.
La comunicazione trasparente della sostenibilità risulta essere un vantaggio competitivo per le aziende, soprattutto quando si passa dall’avere un ruolo reattivo ad uno proattivo, passando dall’essere un marchio che si adegua al mercato ad un pioniere di sostenibilità.
È infatti auspicabile un radicale cambiamento di approccio alla sostenibilità delle aziende che, da un lato dovrebbero essere maggiormente in contatto con i propri stakeholder per recepirne input e feedback, dall’altro dovrebbero affiancare a supporto dei propri claim di valore e impegno delle evidenze tecnico/scientifiche, come ad esempio uno studio LCA, per garantirsi un futuro su un mercato sempre più esigente ed attento.